Gianmarco Tamberi
Gianmarco Tamberi

di Alessandro Tozzi
A scuola un tempo insegnavano chi fosse Giano bifronte, con due volti, ognuno intento a guardare da una parte; un giorno a scuola insegneranno chi fosse Gianmarco Jimbo Tamberi, uno dei più incredibili atleti italiani degli ultimi anni.
Jimbo, come noto, è campione olimpionico di salto in alto a Tokyo 2021, forse nel più bel momento della nostra atletica olimpica in 130 anni storia: Jacobs vince i 100 metri e Tamberi il salto in alto quasi in contemporanea, e si ritrovano ad abbracciarsi in pista uniti dal tricolore.
Tamberi in quelle Olimpiadi ne ha fatte diverse: prima aveva messo come portafortuna il gesso col quale aveva convissuto qualche mese, saltando Rio 2016, dove era favorito; poi l’ex equo con l’amico Bashir, una medaglia d’oro per due con una stretta di mano e s’abbracciamo; infine una gioia infinita, che dava la misura di un atleta, ma ancor prima di una persona, alle prese con sè stesso prima ancora che con gli altri atleti in gara.
Probabilmente nasce tutto dall’amore-odio con il padre, anche lui saltatore di medio livello degli anni ’80 e a lungo suo allenatore, dopo averlo strappato ad una media carriera di cestista, ricordandogli solo che è meglio saltare alle Olimpiadi che giocare in serie B a basket.
Jimbo, il suo soprannome che resisterebbe anche alla prova del voto nella scheda elettorale italica, in pista dà quasi sempre il meglio di sè, salvo poi a volte intuire che lui è talmente forte che se non ci fosse competizione, e saltasse da solo nel giardino di casa sua, salterebbe forse mt 2,50, senza il viso con metà barba si e mezza no, ma deve fare i conti con quella metà: ciò che accade stasera entra nel paragnostico, visto che era una gara che aveva un vincitore scritto, lui, prima ancora di scendere in pedana.
Eppure a 2,29 ha sbagliato due salti che forse non sbagliava in quel modo dal liceo, e sotto lo sguardo attonito di Malagò, che si era fatto due conti e aveva invitato il Presidente Mattarella proprio stasera puntando forte proprio su di lui, forse la medaglia d’oro più scontata della spedizione italiana (e per ora siamo a 9); ebbene, in quei minuti di tensione, in uno stadio solo per lui, con una rincorsa che non gli era consentita bella piena perchè stavano gareggiando i 10,000,00 mt femminili (con vittoria della nostra Batocletti, al bis europeo dopo i 5000), Jimbo ha trovato la forza per un terzo salto risicatissimo (con mani nella testa, lacrime, stadio in visibilio, come nei migliori romanzi d’appendice), per poi saltare 2,31, 2.34 e 2.37 tutti al primo tentativo, con una nonchalance degna di miglior gara forse, e con quella faccia metà rasata e metà no, che ne facevano davvero un Giano bifronte dei nostri tempi, a zompettare per lo stadio come un grillo impazzito.
Dopo una pantomima a 2,34 togliendosi delle molle dalle scarpe nello zaino, come a dire questo è il mio segreto, a 2,37 salta e si porta appresso lo stadio, salvo poi entrarvi dentro fisicamente, per togliersi le scarpe confondersi con la folla e quasi scomparire, mentre qualcuno lo aspettava in pista per provare a migliorarsi, in questa sorta di trance agonistica che stava portando all’orgasmo collettivo (ebbene si, anche il nostro Mattarella, che Dio lo perdoni) un intero stadio.
Lì Giano, in un momento di lucidità deve aver ricordato Montecarlo 2016, il record di 2,39, il tentativo mondiale a 2.41, l’infortunio e le Olimpiadi saltate, e senza dire niente ha nessuno non si è più rimesso le scarpe.
Che a quel punto doveva/poteva regalare simbolicamente al nostro Mattarella, per portare l’Italia in alto almeno come lui.
Segnatevi per sabato 10 agosto la finale di salto in alto a Parigi, se riesce a farsi amare anche dai francesi (che si incazzano che le palle ancora gli girano), Jimbo potrà togliersi perfino la barba da Giano bifronte, e tornare ad essere riappacificato con sè stesso.
Nel frattempo dategli un bonus psicologo.
Anzi due….