Nell’anno del Signore, 1314, patrioti scozzesi, affamati e soverchiati nel numero, sfidarono il campo di Bannockburn. Si batterono come poeti guerrieri. Si batterono come scozzesi. E si guadagnarono la libertà.
(Dal film Braveheart)

di Alessandro Tozzi
Si è detto spesso che i tifosi della Lazio sono scozzesi in terra inglese, a significare lo stato d’animo di chi, pur essendo legittimamente a casa sua, viene visto dall’altro (l’inglese-romanista) come una sorta di incidente occorso nella storia della città di Roma
Inutile ricordare loro che la SS Lazio è parecchio più vecchia e data 1900, che il nome Lazio deriva dall’impossibilità alla luce della normativa all’epoca vigente di chiamarsi Roma in quanto vi era una precedente società ginnica con quel nome (il che è ovviamente dimostrato dal fatto che nessuna delle 5 squadre che hanno dato origine alla fusione si chiamasse Roma, non è un caso), che ai tifosi romanisti, che fin lì tifavano altro, è stata data una squadra cui tifare, evento al quale si oppose il generale Vaccaro, che ci garantì la libertà sempirterna di non essere loro, ma al massimo come loro nei nostri momenti peggiori.
Da diversi anni è in corso una romanistizzazione cittadina, dovuta forse al fatto che diversi politici di primo piano, fra i quali anche gli ultimi tre Presidenti del Consiglio ad esempio, sono tifosi romanisti; al numero crescente di tifosi romanisti, derivante non tanto dai risultati sportivi delle due squadre, che non sono poi stati così esaltanti per ambedue nell’ultimo ventennio, ma dal fatto che tifare Roma sia più facile e assai più di moda; all’invasione da parte dei romanisti dei giornali e delle televisioni, fenomeno che anche all’occhio del tifoso neutrale sta diventando sempre più imbarazzante giorno dopo giorno.
E’ di qualche giorno fa la notizia sparata sul Tg1 della mattina e della sera della messa in onda del docufilm sul gol di Turone (che peraltro il docufilm dopo 40 anni nemmeno dice se è buono o no, lasciandoci forti sospetti in merito), come fosse una notizia da copertina, è della scorsa settimana il titolo sul sito Rai che la partita Atalanta-Roma fosse una sfida della Dea contro la Magica, dimenticando che Magica non è il nome riconosciuto come simbolo della squadra, ovvero la Lupa, ma un aggettivo che esprime un giudizio di valore: se la Roma in Rai diventa la Magica, cosa dovrebbe essere la Juve dei 36 scudetti?
Sono talmente tanti gli episodi (sabato scorso al gol di Abraham al 93mo il Tgcom ha dato la partita vinta alla Roma, poi pareggiata al 96mo) che elencarli non solo è faticoso e financo segno di un principio di rosicata, ma del tutto inutile: il romanista lavora nell’ombra, anzi spesso sotto ai riflettori per guadagnare punti, per fare della Magica e di Mourinho, il loro ultimo vate, una sorta di impero del sole pur con l’ingombrante nuvola dei debiti; l’anno scorso la vittoria della Conference League è stata festeggiata a Roma con innumerevoli scritte sui muri “Campioni d’Europa”, con notevoli problemi di comprensione da parte dei tifosi madridisti che hanno vinto la Champions League: e loro cosa sono allora?.
Ma tant’è. Questo tentativo di appropriarsi della città lo si vede anche dalle piccole cose, del tipo il giorno del Natale di Roma inviare una foto del Colosseo con sotto frasi dell’inno della Roma, fenomeno che colpisce anche persone tifose romaniste ma fino ad oggi abbastanza equidistanti, evidentemente il fenomeno si sta talmente velocizzando che non ce ne accorgiamo nemmeno più, basti pensare che l’altro giorno la Roma ha messo come sponsor gratuito la scritta Roma city, cosa che se avesse fatto la Lazio sarebbe stata oggetto di interrogazioni parlamentari in serie.
Oggi al Concertone, leggo dell’ennesima provocazione in salsa giallorossa.
Ambra Angiolini durante una lettura di messaggi inviati sul tema “Il diritto che mi manca”, ha letto il seguente messaggio “Il diritto che mi manca è quello di tifare Lazio a Roma centro senza essere ‘corcato'”, fra le risate bambinesche di parte della platea, e immagino della gente a casa.
A parte la poca lucidità di volerlo leggere, visto che nulla c’entrava col tema del giorno (nè credo che avrebbero letto un messaggio del tipo il diritto che mi manca è trombarmi Belen), si tratta solo dell’ennesimo tassello che va nella stessa direzione, che i laziali conoscono bene da anni, e con grande pazienza quotidiana affrontano fra le mille provocazioni e difficoltà, come le persone che hanno dentro casa dei figli scemi e in qualche modo non possono fare altro che tenerseli.
Ma, per usare le parole del generale Vaccaro, “La Lazio è altro. La Lazio non proviene da: la Lazio è”: della Lazio, vi preghiamo caldamente, fate parlare i laziali, non vi fate riconoscere come il Lorenzo di Guzzanti, quali spesso siete, che alla schedina scrive, anzi detta “Roma Brasile 1, Roma Resto del mondo 1, Roma Lazio nun se so presentati e Lazio merda X”.
Meno male che il 26 maggio ve siete presentati, che sennò come se divertivamo?

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